Rassegna stampa
Il miracolo di
Atena Lucana “lungo” un secolo e
mezzo
La
venerazione nata 150 anni fa
dopo la guarigione di Marianna
Pessolano Il padre della ragazza
scrisse una storia sui prodigi
del “santo taumaturgo” .
ATENA LUCANA.
“Il nome di san Ciro evoca un
qualcosa nel cuore degli atinati
ed è riferimento per condurre
una vita esemplare nelle virtù
umane e cristiane” affermò il
parroco don Michele Casale
alla presentazione
dell’associazione “Amici di San
Ciro”, presieduta da Alfonso
Pessolano. La devozione,
pregna della fede che
l'attaccamento in primis
all'icona di Cristo genera, alla
figura di un santo tra i più
amati come Ciro, affonda le
proprie radici nei secoli eroici
del Cristianesimo che muoveva
ancora i suoi primi tormentati
passi nel cuore dell'Impero di
Roma. Per colui che la Chiesa
ama venerare come il ‘santo
taumaturgo’, ricorre nel 2013 il
150esimo anniversario del suo
primo miracolo, che fu compiuto
per la gente di Atena Lucana. Un
episodio, un fatto, anzi: un
prodigio, l'evento che si
verificò nel 1863 in casa di
Michele Pessolano, il quale, nel
corso di quel lontanissimo anno
nell'Italia appena
post-unitaria, vide la sua
figlia Marianna miracolosamente
guarita dal morbo che
l'affliggeva ormai da tempo. La
ragazza era gravemente malata e
destinata a morte certa anche
tenendo conto degli antiquati
metodi terapeutici di un
Meridione tutt'allora
storicamente immerso
nell'arretratezza.
Ebbene, furono
proprio questi avvenimenti a
gettare le basi per la dedizione
a san Ciro nel piccolo centro
ricco di storia e cultura
situato nel Vallo di Diano.
Tutto questo spinse qualche anno
dopo lo stesso Michele Pessolano
a prendere una decisione:
scrivere una storia del culto di
San Ciro ad Atena Lucana a
partire dall'evento prodigioso
che egli aveva vissuto sulla
pelle della propria figlia,
della propria famiglia, nel suo
sangue, insomma. Di questa
intenzione fa fede la lettera
che l'uomo, ormai avanti negli
anni, consegnò al sacerdote don
G. Pessolano. Nella missiva
veniva chiaramente messo nero su
bianco anche l'intento di porre
al centro dell'analisi,
testimoniare anzi la nascita ed
il vertiginoso inerpicarsi
dell'amore ritualizzato per il
Guaritore non solo nel contesto
locale ma anche in quelli
viciniori.
Il
documento risale a fine
Ottocento, precisamente al 1895,
mentre lo scritto cui esso fa
riferimento rappresenta ancora
adesso un testo prezioso. San
Ciro visse all'epoca del tardo
impero romano, tra la fine del
III e l'inizio del IV secolo
dopo Cristo, in quella che
tradizionalmente gli storici
denominano come fase calante
della cosiddetta età tardoantica
che inizia, si può dire, con la
stessa nascita dell'impero
romano nella persona del suo
primo dominus, e cioè Augusto.
In particolare, il futuro santo
taumaturgo per antonomasia visse
in una delle epoche più luttuose
e tragiche per i cristiani dei
primi secoli. Sentiamo il
respiro affannoso nelle
catacombe, le persecuzioni, i
circhi e le arene, le belve
affamate cui essi venivano
letteralmente dati in pasto. In
mezzo a loro, a quei cristiani
muniti del feroce ardimento
della sola fede, iniziò l'opera
di Ciro, proprio durante
l'ultima e più devastante
persecuzione, ordinata nel 296
d.C. da Diocleziano dopo avere
strappato il territorio degli
antichi Faraoni dalle mani di
Achille; vicenda sanguinosa che
lo vide cadere eroicamente
trafitto, quel sangue versato
fondò immediatamente per lui,
originario di Alessandria che
era patria di una scuola
filosofica e apologetica di
lingua greca tra le più note e
prestigiose della tarda
antichità, un cammino lastricato
di una gloria in irrefrenabile
ascesa. Un percorso le cui tappe
fondamentali passano, secondo
varie periodizzazioni,
dall'egiziana Manunte prima di
giungere progressivamente a Roma
e da qui diffondersi in
direzione soprattutto di Napoli,
e poi ancora giù fino alla
stessa Atena Lucana, lasciando
crescere anche qui profonde
radici nel patrimonio
socio-culturale condiviso, e
facendo anzi del paese il
portabandiera di una vastissima
area religiosa che coincide
praticamente con l'intera parte
del Vallo di Diano cui fa
riferimento. Né manca, nel
vissuto del celebrato, la più
pregnante dimostrazione del suo
carisma quando lo scrivente
riporta del suo potere persino
presso i nemici in armi,
emblematico l'esempio di
Giovanni, un soldato di Edessa
che, dopo essersi convertito
durante una permanenza a
Gerusalemme, finì per
affiancarlo per quasi quattro
anni nella pratica delle virtù
austere, eremitiche ed
ascetiche.
Ciro Manzolillo
tratto da