dal sito ufficiale del Comune di Ispani
I diversi nomi dati a questi
insediamenti nel corso dei
secoli (Sant'Agata, Forlì,
Casale dell Spani) confermano
come la popolazione li abitasse
solo in situazioni di emergenza,
per poi ritornare a vivere sul
mare. I primi documenti scritti
giunti a noi datano a partire
dalla fine del XVI secolo.
In quel periodo i Conti Carafa
della Spina, fuggendo dalla
vicina Policastro, infestata
dalla malaria, si stabilirono
nel borgo di Capitello. Del
palazzo costruito dai Carafa,
oggi di proprietà delle Suore
Elisabettine Bigie, rimangono
solo le mura perimetrali
delimitanti il giardino, l'arco
che consentiva il passaggio
delle carrozze, una garitta per
la guardia armata ed una lapide
di marmo.
Questa, rimossa dall'ingresso
del palazzo e posta oggi accanto
al giardino, ammonisce con
severità i pirati saraceni.
Un altro documento storico è una
carta conservata presso
l'Archivio di Stato di Napoli,
datata 1746 ma copia di una più
vecchia degli Uffici del
Principato di Citra. Mentre
Capitello aveva il rango di
Borgo, Ispani e San Cristoforo
non avevano diritto di città,
Comune o Borgata e non potevano
costruire fortificazioni per
difendersi dalle razzie dei
pirati. Per tale ragione gli
abitanti costruivano le case in
piccoli vani e una ridosso
all'altra, per impedire il
transito di carri lungo le vie.
Pian piano anche Ispani e San
Cristoforo accrebbero la propria
popolazione tanto che nel 1780
Ispani fu eletta addirittura
"Università", cioè Municipalità,
dal Governo borbonico di Napoli.
Con l'avvento del Regno d'Italia
fu confermato capoluogo del
comune e solo durante il periodo
fascista, con la fusione dei
comuni di Ispani e Santa Marina,
fu Capitello la sede del Comune
di Policastro.
I paesi di Ispani, Capitello e San Cristoforo sono riuniti in un'unica entità amministrativa dalla nascita della Repubblica.
CURIOSITA': IL FICO BIANCO DEL CILENTO
Cenni storici
L'introduzione nel Cilento di questa pianta, originaria dell'Arabia meridionale, sembra essere precedente al VI secolo a. C. Essa è da attribuire ai coloni greci che in queste aree avevano fondato diverse città. Autori dell'epoca romana e altri a seguire hanno decantato le caratteristiche dei prodotti agricoli del Cilento tra i quali i fichi essiccati.
In molti documenti appare evidente come il fico essiccato sia identificativo dell'area del Cilento. Già Catone, e poi Varrone, raccontavano che i fichi essiccati erano comunemente utilizzati nel Cilento e nella Lucania come base alimentare della manodopera impiegata nei lavori dei campi. E' facile capire come questa convivenza millenaria abbia condizionato fortemente la cultura locale, cosa che traspare dalla constatazione del ruolo principe svolto dalla pianta e dai frutti del fico, nelle espressioni idiomatiche, nelle storie, nelle fiabe ed in tutto ciò che è espressione dell'immaginario umano.
Ancora, nella metà del '400 è documentata, nel "Quaterno" doganale delle marine del Cilento (1486), l'esistenza di una fiorente attività di produzione e commercializzazione di fichi secchi, avviati sui principali mercati italiani come alimento di pregio.
Questo frutto si è quindi trasformato gradualmente da "pane dei poveri", come un tempo veniva definito, ad alimento pregiato da consumare soprattutto nel periodo natalizio. Si puo' consumare in svariati modi (allo stato naturale, farcito di nocciole o mandorle, ricoperto o meno di cioccolato) anche in occasioni speciali: tipicamente, è presente sulla tavola nel periodo natalizio.
Essi sono stati da tempi remoti considerati beni di lusso o comunque voluttuari in quanto da sempre considerati vere e proprie leccornie, ricercatissimi da mercanti interessati a rifornire i mercati più ricchi del momento. I fichi, pertanto, sono stati da sempre una notevole fonte di reddito ma anche alimento di base per le popolazioni locali in difficili periodi storici, grazie all'abbondanza degli stessi ed alla possibilità di conservali per l'intero periodo dell'anno grazie all'essiccazione. Infatti, l'azione mitigatrice del mare e la barriera alle fredde correnti invernali provenienti da nord-est posta dalla catena degli Appennini, insieme alla buona fertilità del suolo e ad un ottimale regime pluviometrico rappresentano le ideali condizioni pedo-climatiche che hanno fatto si che vi fosse una notevolissima diffusione della coltura nell'area considerata, cosa che ha caratterizzato sensibilmente il paesaggio rurale e permesso di definire il Cilento area vocata per la coltivazione del fico fin dall'epoca dell'impero romano. Questi elementi, uniti alla semplicità della coltivazione e al pieno adattamento della specie e della varietà all'ambiente pedoclimatico dell'area, contribuiscono a conferire, ai fichi essiccati cilentani quelle caratteristiche organolettiche (sapore, dolcezza, gusto prelibato e profumato) particolarmente apprezzate dai consumatori. Inoltre, va posto giusto rilievo al fatto che, oltre alla coltivazione, anche le fasi di essiccazione e lavorazione del prodotto si svolgono per intero nell'area geografica di produzione, presso strutture agricole ed edifici rurali, in un armonico processo di interazione tra prodotto, uomo ed ambiente. Inoltre, la semplicità di coltivazione e la resistenza della pianta ad avversità fitopatologiche hanno permesso alla coltura di guadagnare le prime posizioni nell'indice di gradimento del coltivatore che ha così collocato questa pianta su tutta la propria azienda, in coltura specializzata o consociata. Le piante di fico da millenni hanno caratterizzato il paesaggio campano ed in particolare del Cilento.
Descrizione del prodotto
Nel corso dei secoli, nel Cilento, si è andato selezionando un ecotipo, derivato dalla cultivar madre "Dottato", presente in tutto il Mezzogiorno, che è andato poi diffondendosi in tutta l'area di produzione: il "Bianco del Cilento". Da tale ecotipo si ottiene un prodotto essiccato con caratteristiche uniche e di pregio, apprezzate anche all'estero.
Esso si presenta con buccia di colore giallo chiaro uniforme (marroncino chiaro per i frutti che abbiano subito un processo di cottura), polpa di consistenza tipicamente pastosa, di colore giallo ambrato, con acheni prevalentemente vuoti e ricettacolo quasi interamente riempito. L'umidità massima consentita è del 27%. I fichi essiccati sono posti in commercio anche farciti con mandorle, noci, nocciole, semi di finocchietto, bucce di agrumi (ingredienti provenienti dallo stesso territorio di produzione) o ricoperti di cioccolato, con l'obiettivo di ampliare la gamma dell'offerta. Per le sue note qualità terapeutiche viene ancora oggi utilizzato in dietologia e in erboristeria. In passato veniva adoperato in tisane contro i raffreddori.
Area di produzione
L'area di elezione è il Cilento, dalle colline litoranee di Agropoli fino al Bussento ai limiti meridionali della Campania. Sono 68 in totale i comuni della provincia di Salerno che fanno parte dell'area di produzione della D.O.P., tra quelli interamente o solo parzialmente interessati. La fichicoltura nel Cilento rappresenta una risorsa economica e occupazionale non disprezzabile. Attualmente, con oltre il 30% della produzione nazionale, la Campania è la regione italiana che vanta la maggiore produzione di fichi, con circa 18 tonnellate di prodotto fresco, su oltre 5.000 ettari, pari a circa 2.000 tonnellate di fichi essiccati l'anno. Il 70% del prodotto è lavorato in stabilimenti semi-industriali, ed il 30% da imprese artigiane. Non va inoltre dimenticata la funzione svolta da questa coltivazione nel mantenimento del paesaggio e dello spazio rurale, dal quale appare ormai quasi inscindibile.
Stato della registrazione
Con la pubblicazione della proposta di disciplinare sulla G.U. (n. 199 del 26/08/2002) si è conclusa l'istruttoria ministeriale per il riconoscimento della denominazione d'origine protetta "Fico bianco del Cilento (DOP)" ai sensi del Reg. CEE 2081/92. Si è in attesa che gli organi ministeriali approvino il relativo piano di controllo al fine di poter acquisire la protezione transitoria della denominazione sul territorio nazionale. Intanto, è stato avviato anche l'iter istruttorio a livello comunitario.
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